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Concordo, è abbastanza stupefacente. Mi chiedo peraltro quale potesse essere nel '27 l'utilità di una mappa che non rappresentava lo stato di fatto (forse una forma di propaganda, boh).
ma a mio parere ancora piu incredibile che poi alla fine le dimensioni della citta attuale "costruita" non sono tanto piu grosse di quelle della mappa, come se nel 27 gia avessero una idea abbastasnza precisa di come si sarebbe sviluppata l estensione della superficie abitata a seguito dell emigrazione di massa al nord degli anni 50-60, della quale pero' nel 27 imagino non esistesse neanche una pallida previsione
 

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ma a mio parere ancora piu incredibile che poi alla fine le dimensioni della citta attuale "costruita" non sono tanto piu grosse di quelle della mappa, come se nel 27 gia avessero una idea abbastasnza precisa di come si sarebbe sviluppata l estensione della superficie abitata a seguito dell emigrazione di massa al nord degli anni 50-60, della quale pero' nel 27 imagino non esistesse neanche una pallida previsione

In effetti negli anni '20 Torino era in crescita, ma non come negli anni '50-'60


 

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Occorre tener conto del clima culturale del dopoguerra, anni 50 e anche 60; quando si voleva a tutti i costi una città moderna, "all'americana" (gli States erano il sogno di tutti, più o meno pedestramente e puerilmente imitati in tutti i campi, dall'architettura alla musica leggera - vedi gli "urlatori" - , a costo anche di sacrificare tante belle cose....).
Su "Torino Storia" di aprile 2019 a pag. 51, col titolo "L'ossessione di copiare New York", vi è un interessante articolo sui "grattacielini" e grattacieli nati negli anni 50 e 60; anche se, forse per fortuna, una Manhattan subalpina non è mai nata!
 

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(Sempre nella casella 129) Corso Porto Maurizio, sarebbe Corso Caduti sul Lavoro?

Nella mappa inizia praticamente della ferrovia e si inclina un po' verso nord, arrivando nella casella 130, alla futura zona della esposizione del '61, piu' o meno dove c'e' la scuola del management oggi.
Successivamente si trova una piazza circolare con un ponte che collega l'altra parte del fiume.

La piazza e il ponte sono esistiti veramente o solo "nella carta"? A me sembra molto strano la presenza di un ponte li', visto che non c'e' rimasto nessun indizio o resti.

Tra l'altro Corso Porto Maurizio era presente anche nella mappa dell'ATM del 1963, di cui sembra anche essere presente "Via Giulio Bizzozero" della mappa del '27.

Intorno il 1963 e il 1970, il corso sparisce e compare al suo posto Corso Caduti sul Lavoro.
Rispetto all'altro non si inclina a nord e arriva verso Via Ventimiglia piu' a sud rispetto al corso dettato sopra.

Inoltre, nella mappa della ATM del 1978 lo fa arrivare fino al fiume uguale come il "vecchio" corso. Errore della mappa?

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Per chi non puo' vedere le caselle 129 e 130, eccole ripostate:
https://i.imgur.com/ANGLGb3.gif
https://i.imgur.com/wiZnKN8.gif
Il corso Caduti sul Lavoro (notare l'intitolazione, che rispecchia il carattere "fatalistico" che avevano allora gli infortuni lavorativi, come recentemente ha fatto notare Guariniello: "Caduti", non "Vittime" o "Morti"..., come si trattasse di una guerra che richiedeva necessariamente un tributo di sangue) nacque all'inizio degli anni 60, nel quadro dei lavori di sistemazione dell'area per l'esposizione di Italia 61, come sbocco del sottopasso del Lingotto (che allora era ancora limitato al tratto via Giordano Bruno - via Nizza) verso via Genova e via Ventimiglia, in previsione dell'istituzione del senso unico sulle vie Nizza e Genova.
Negli anni 70, venne il prolungamento del sottopasso, con la sistemazione del corso come è ora.
 

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Se si riflette, si nota come la presenza a Torino di un grande Museo Egizio abbia influito sul gergo e la parlata locali.
Solo sotto la Mole, una scrittura manuale scarabocchiata e poco comprensibile (come quella dei medici, senza offesa...) è definita un "geroglifico".
Così come una persona dal volto inespressivo e un po' assente non può che essere "una mummia". (Così era definita, ai miei tempi lavorativi, una collega anziana con quelle caratteristiche...).
 

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Se si riflette, si nota come la presenza a Torino di un grande Museo Egizio abbia influito sul gergo e la parlata locali.
Solo sotto la Mole, una scrittura manuale scarabocchiata e poco comprensibile (come quella dei medici, senza offesa...) è definita un "geroglifico".
Così come una persona dal volto inespressivo e un po' assente non può che essere "una mummia". (Così era definita, ai miei tempi lavorativi, una collega anziana con quelle caratteristiche...).
Scusa se ti contraddico ma la definizione geroglifici data a certi tipi di scrittura è a diffusione nazionale
Cito un caso tipico, Aldo Fabrizi ne" i tartassati " chiede a Toto' :" questo geroglifico è la sua firma? "
E nessuno dei due era torinese ne il film era ivi ambientato
 

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Scusa se ti contraddico ma la definizione geroglifici data a certi tipi di scrittura è a diffusione nazionale
Cito un caso tipico, Aldo Fabrizi ne" i tartassati " chiede a Toto' :" questo geroglifico è la sua firma? "
E nessuno dei due era torinese ne il film era ivi ambientato
Dai, magari Totò e Fabrizi erano reduci da una visita al nostro Museo Egizio...

:troll:
 

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Foto riguardanti il Lingotto dell'anteguerra.



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Altra cospirazione. (fare tasto destro mouse sulla foto e selezionare visualizza immagine per vederla ingrandita)

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La risposta su via Scrivia è collegata probabilmente alla storia dell'opificio Antoniazzi.
Il Lingotto sorse proprio a ridosso di questa officina meccanica (sita sull'attuale cortile sud della ex fabbrica) che non volle cedere i propri terreni a favore del gigante dell'automobile.
L'irritazione verso Antoniazzi era tale che nelle foto ufficiali della FIAT Lingotto il "ribelle" venne cancellato.
Una volta riuscita nel proprio intento di accaparrarsi gli spazi dell'opificio la FIAT si espanse in quell'area probabilmente facendo sparire anche la via che sulla quale sorgeva l'opificio Antoniazzi e ovviamente anche quest'ultimo.
 

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La risposta su via Scrivia è collegata probabilmente alla storia dell'opificio Antoniazzi.
Il Lingotto sorse proprio a ridosso di questa officina meccanica (sita sull'attuale cortile sud della ex fabbrica) che non volle cedere i propri terreni a favore del gigante dell'automobile.
L'irritazione verso Antoniazzi era tale che nelle foto ufficiali della FIAT Lingotto il "ribelle" venne cancellato.
Una volta riuscita nel proprio intento di accaparrarsi gli spazi dell'opificio la FIAT si espanse in quell'area probabilmente facendo sparire anche la via che sulla quale sorgeva l'opificio Antoniazzi e ovviamente anche quest'ultimo.
Il che dimostra come il fondatore della Fiat, da buon militare o ex militare di carriera, non si facesse scrupolo di passare su tutto e su tutti, pur di raggiungere il suo intento. (e chissà quante "ruote" avrà unto, per costruire il suo megastabilimento in una zona che, dai piani regolatori, era stata destinata come residenziale!).
 

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Il che dimostra come il fondatore della Fiat, da buon militare o ex militare di carriera, non si facesse scrupolo di passare su tutto e su tutti, pur di raggiungere il suo intento. (e chissà quante "ruote" avrà unto, per costruire il suo megastabilimento in una zona che, dai piani regolatori, era stata destinata come residenziale!).

Sulla definizione di "il fondatore della Fiat" nutro un'opinione differente. Mi sembra più storicamente corretto dire che compartecipò alla sua fondazione...
 

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Visto che, trattando della Fiat Lingotto, si è parlato della zona di Millefonti.
Se un merito l'esposizione di Italia 61 lo può aver avuto (al di là della dispendiosità della manifestazione, l'indebitamento delle casse comunali che originò, la costruzioni di "cattedrali nel deserto" ora semiabbandonate, vedi Palalavoro, ecc.), fu quello di riqualificare una delle zone più degradate e "negative" della città.
Fino a fine anni 50, nella zona, semirurale, sorgeva, sull'attuale sedime di via Ventimiglia quasi esattamente all'altezza del Palavela, il Canile Municipale; a fianco vi era la "sardigna" municipale ( il "cimitero" degli animali, dove si seppellivano le carcasse degli animali morti o trovati morti, così come i resti delle bestie abbattute al Mattatoio di corso Vittorio); ancora, una delle discariche di rifiuti cittadine. Queste strutture vennero spostate, se ricordo bene nel 1958 - 1959, negli attuali siti alle Basse di Stura, permettendo così l'apertura completa di via Ventimiglia, prima limitata a pochi isolati a partire da corso Spezia, dando inizio all'edificazione dei lussuosi palazzi sul lato Ovest della via.
Venne pure eliminata una delle "vergogne" cittadine, la favela o bidonville sorta lungo il Po durante e dopo la guerra, non esattamente un bel biglietto da visita per chi giungeva in auto in città da Sud, con la sistemazione definitiva della "radiale" di Moncalieri, come allora era definito corso Polonia - Unità d'Italia; lungo essa si sviluppò poi l'area espositiva di Italia 61.
Per la verità, lo sgombero della baraccopoli e la sua eliminazione avvennero nel 1956, prima che, nel 1958, venissero assegnate a Torino le celebrazioni del centenario; ma era comunque già stata decisa la riqualificazione di tutta l'area
 

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Sulla definizione di "il fondatore della Fiat" nutro un'opinione differente. Mi sembra più storicamente corretto dire che compartecipò alla sua fondazione...
Vero; ma, collo stile che lo contraddistingueva, riuscì a estromettere in breve tempo i cofondatori, restando di fatto padrone assoluto del campo....
 

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Visto che, trattando della Fiat Lingotto, si è parlato della zona di Millefonti.

Fino a fine anni 50, nella zona, semirurale, sorgeva, sull'attuale sedime di via Ventimiglia quasi esattamente all'altezza del Palavela, il Canile Municipale;
A proposito del Canile Municipale, un aneddoto che mi è stato raccontato:
nella struttura, come è noto, erano ricoverati i cani randagi o comunque rinvenuti a vagare per la città; trascorso un certo periodo senza che i proprietari o qualche altro si presentassero a ritirare l'animale, lo stesso veniva soppresso.
Accadde un anno, a Ferragosto, che l'addetto, un agente daziario "distaccato" per il periodo estivo al Canile, volendo trascorrere la festività in famiglia, alla vigilia fece sopprimere tutti i cani presenti in quel momento, anche se non era ancora trascorso il periodo di attesa. Tra gli animali giustiziati, vi era anche il cane di una "vip" che si era perso; la padrona, quando ne venne a conoscenza, sollevò un vero...48! Vi furono inchieste, rimozioni di addetti, ecc.
(Nessuno, comunque, perse il posto: si sa, come si dice "Dal Comune ti licenziano solo se ammazzi il sindaco", non certo solo dei cani!)
 

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La Casa del Marinaretto
Il fotomontaggio illustra bene quale doveva essere l'aspetto della "nave" ai tempi del suo splendore; come la ricorda il sottoscritto, nel dopoguerra, era ormai solo un relitto, un rudere: senza più pennoni e bandiere, con gli oblò rotti, porte sfondate, diventata rifugio di clochard e sbandati.
Sciolta nel dopoguerra l'Opera Naz. Balilla, da cui dipendeva, era passata al Comune, il quale non sapeva come utilizzare l'ingombrante relitto, ricordo di tempi che si voleva solo cancellare e dimenticare; alla fine, all'inizio degli anni 60, arrivò la demolizione, con la ricostruzione, al suo posto, dell'attuale Circolo Ricreativo Dipendenti Comunali.
Altre sedi del Ventennio vennero invece recuperate e riutilizzate: come la palestra della Gioventù Italiana del Littorio, in via Guastalla angolo via Balbo, dove il sottoscritto svolse le lezioni di Educazione Fisica ai tempi dell'ITI.
 

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Luigi Cartello
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Altre sedi del Ventennio vennero invece recuperate e riutilizzate: come la palestra della Gioventù Italiana del Littorio, in via Guastalla angolo via Balbo, dove il sottoscritto svolse le lezioni di Educazione Fisica ai tempi dell'ITI.
Ci sono stato anch'io, come allievo dell'Avogadro, dal 1966 al 1970. Ricordo il mitico prof. Molinati...
 
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