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Old January 11th, 2014, 09:06 PM   #12721
maxy65
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Originally Posted by geonardo View Post
Ciao,
visto che state parlando della zona dove sono cresciuto, mi permetto di scrivere che anche io andavo alla scuola capponi,
dal barbiere Enzo,
dal fruttivendolo Fiorenzo,
dall'altro fruttivendolo Tonino,
dal fotografo Cornati,
dal casalinghi Lingua,
dalla pasticceria Ferrero
ecc ecc ....
vita quotidiana alla Madonna di Campagna
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Old January 11th, 2014, 10:58 PM   #12722
maxy65
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Originally Posted by Fabry Turin View Post
Nel quartiere Borgo Vittoria molte vie sono intitolate ad eventi e personaggi della battaglia del 1706. Dallo stradario di Torino di Wikipedia(autocitazione):Essendosi svolta nel 1706 su questo territorio una delle battaglie decisive della guerra tra il regno di Sardegna e la Francia, il quartiere ha preso questo nome e molte strade ricordano l'evento: piazza e via Vittoria, via del Ridotto, via delle Trincee, via dei Fornelli e via del Campo, sono riferiti a circostanze della battaglia, mentre la Chiesa della Salute, che si erge sulla piazza Vittoria, venne costruita verso la fine del XIX secolo a ricordo perenne di quella battaglia. Sono ricordati anche alcuni personaggi protagonisti in quei giorni: i generali Visconti e Roccavione, il barone D'Allery, il maresciallo Daun, il comandante prussiano Principe d'Anhalt, l'arcivescovo Vibò e i sindaci Valfenera e Boccardo.

Mi sono ,però, sempre chiesto, il motivo della dedica al Comune di Bibiana. Sarà stato questo episodio citato da maxy?
“Vittorio Amedeo si affrettò a tornar fuori dalle montagne colla sua cavalleria, ringagliardita dal breve riposo, e con mille e duecento valdesi scelti, il 25 luglio rientrò in Bibiana, e vi stette in osservazione fino al 1° agosto…” (cit. Fea, L'assedio di Torino, 1906).
Il duca compì diverse sortite dalla città: siccome i nemici lo chiamavano "le renard savoyarde", cominciò a comportarsi da volpe, distogliendo l'attenzione del comando francese dall'assedio, obbligandolo a farsi rincorrere per il Piemonte.
Il posto che reputò più sicuro furono le valli valdesi. Spregiudicato in politica, la mossa fu vincente nonostante anni prima, essendovi stato obbligato dal potente Re Sole, parente scomodissimo, fece compiere ai suoi soldati le "dragonnades", temute dalla popolazione protestante.
Essendosi ora slegato dai vincoli imposti dalla scomoda alleanza con Luigi XIV ed anzi, alleato oltre che con l'Impero, anche con il Regno Unito retto da Guglielmo d'Orange (in suo onore i valdesi portavano coccarde arancioni sui loro vessilli), promosse una politica di tolleranza nei confronti dei sudditi protestanti: calcolo che si rivelò fondamentale perchè permise al duca di incorporare nel suo esercito le coraggiose milizie valdesi, formate da autentici esperti guerriglieri, che diedero del filo da torcere ai francesi sulla collina di Torino, impedendo ai rinforzi mandati da Versailles al comando del generale toscano Albergotti di raggiungere la città dal suo lato più debole, ovvero dal Po.

Last edited by maxy65; January 12th, 2014 at 03:04 PM.
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Old January 11th, 2014, 11:19 PM   #12723
maxy65
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Per non suonare al 133 di corso Giulio Cesare rischiando di non farsi aprire, meglio entrare nel bar d'angolo e chiedere un caffè, facendo la domanda che in quel bar s'aspettano: è possibile andare in cortile?
In un angolo, piantato nel'aiuola del cortiletto, c'è un pilastrino dell'assedio.
Tutti gli autori concordano col far risalire questo pilastrino alla cascina Violino, che non era esattamente lì, ma probabilmente fin lì si estendevano i suoi terreni.
La cascina non vanta particolari aneddoti legati all'assedio, ma nelle piante topografiche del Bodenher (1704) e del Vischer (1706) compare come “Le Violin, au Trésorier Bergratte”. Inoltre, quest'area si trova a metà strada in liena d'aria tra il pilastrino di via Gottardo e le cascine Fossata e Ranotta, che ebbero un ruolo da protagoniste nella battaglia: è quindi probabile che presso la cascina Violino sorgesse una delle numerose ridotte che si alternavano lungo i trinceramenti ogni cento metri.

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Old January 11th, 2014, 11:55 PM   #12724
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Borgo Vittoria ha una storia molto interessante. Fino alla prima metà dell’ottocento, la zona ora occupata dal popoloso quartiere era aperta campagna, e per i torinesi che abitavano in città arrivare fino in quei luoghi ricchi di osterie e trattorie, come anche giungere fino alla Madonna di Campagna o Lucento, era un viaggio non privo d’impegno e d’avventura. Quindi terre coltivate, un continuo diramarsi di bialere, cascine sparpagliate ed il ricordo di una grande battaglia tra piemontesi e francesi. Infatti, a conferma di ciò, i contadini mostravano orgogliosamente ai “cittadini” giunti fin lì per gustarsi un bicchiere di vino al fresco dell’ombra di una tòpia, numerosi pilonét concentrati in quella zona, e sistemati lungo stradicciole o nei cortili delle vecchie case. La particolare ricchezza d’acqua della zona attirò i primi industriali di quella parte di secolo ormai votata entusiasticamente al progresso, facendo sì che gli antichi proprietari, generalmente appartenenti all’antica classe nobiliare ormai rimasta orfana del Re, andato prima ad abitare a Firenze quindi a Roma, cedessero loro le proprie terre, diventate dispendiose e gravose per le loro esangui finanze. Succedeva così che, intorno al 1880, la famiglia Alfieri di Sostegno vendesse i propri terreni alla Ditta Emmanuel Levi e Figli, banchieri, i quali suddivisero gli appezzamenti in lotti più piccoli per rivenderli agli abitanti dei paesi vicini, allettandoli con la proposta di una casetta con orto attiguo. Nasceva così la Borgata Levi.
In quei tempi, l’attaccamento a valori quali la Fede e la Patria era decisamente più sentito che non oggi, per cui non stupisce il fatto che i primi abitanti della Borgata Levi lamentassero la mancanza di una chiesa: “Una lagnanza muovevasi dai nuovi acquisitori, ed era la privazione della Chiesa, temendo, e con ragione, per la prole, che crescere doveva senza timor di Dio, senza istruzione religiosa” (Bollettino dell’Opera di Nostra Signora della Salute, febbraio 1899). I Levi decisero dunque di donare un appezzamento di terreno che fosse destinato alla costruzione di una chiesa cattolica, a condizione che i promotori dell’iniziativa presentassero la somma di denaro necessaria per la stipula dell’atto ed un disegno dell’edificio da costruirsi. Venne costituita così l’Opera di Nostra Signora della Salute, che ottenne la donazione del terreno il 26 luglio 1887, con l’ulteriore vincolo imposto che la chiesa venisse aperta entro cinque anni e dichiarata ultimata dall’autorità ecclesiastica entro dieci, pena la restituzione del terreno alla famiglia Levi.
Fin dalla costituzione dell’Opera, venne scelto di dedicare l’erigendo santuario a Maria Salvezza della Patria e Salute degli Infermi per due motivi: non si era ancora spento il ricordo del colera detto asiatico, che nel 1835 aveva mietuto numerose vittime dietro Porta Palazzo, e le zone in cui sorgeva la borgata erano ricche di acque, potenziali ricettacoli del morbo; nel contempo si voleva ricordare quella battaglia, combattuta poco meno di due secoli prima, ed i suoi soldati, caduti per difendere il nome di casa Savoia. Si diede quindi inizio ai lavori di scavo per gettare le fondamenta della chiesa; contemporaneamente si continuava a costruire case nei vari lotti che mano a mano venivano venduti. Durante lo scasso del terreno, che mai era stato lavorato così in profondità, cominciarono ad affiorare numerosi resti umani frammisti a palle di cannone e quant’altro si potesse rinvenire in un antico campo di battaglia. Ne troviamo cenno nel bollettino dell’Opera in data luglio 1899: “Nelle escavazioni sia delle case circostanti, sia nella Chiesa provvisoria ed annessi fabbricati, si era trovata buona copia di ossami, evidentemente resti preziosi dei caduti nella giornata memoranda, qui combattuta il 7 settembre 1706.”.
L’emozione del ritrovamento fu grande, tanto che si decise di dare degna sepoltura a quelle povere ossa provvedendo a tumularle in un primo ossario provvisorio, da erigersi al centro del borgo che velocemente andava popolandosi. L’ossario venne benedetto il 12 maggio 1891 durante una cerimonia solenne. Ce ne fornisce la descrizione ancora il bollettino, in data maggio 1891: “L’Ossario è in semplice muratura con una lastra che lo copre sormontato da una croce. Sulla parete esterna a sud una lapide ricorda l’avvenimento con queste parole: DEPOSITO DELLE OSSA DEI PRODI – CADUTI NELLA GIORNATA – DEL 7 SETTEMBRE 1706.”. Borgata Levi ora comincia a chiamarsi, a ragione, Borgo Vittoria.

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Old January 12th, 2014, 12:10 AM   #12725
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Intanto i lavori del santuario procedono seguendo le linee tracciate dal Reycend (in seguito al fallimento dei Levi, l’Opera riscatta i terreni ricevuti in dono dai vincoli vessatori che gravavano su di essi), così che il 21 maggio 1895 avviene la posa della prima pietra. Ed ecco un colpo di scena: come pietra fondamentale su cui erigere il santuario, viene scelto uno dei pilastrini votivi (1887 – 1987 Le radici dell’Opera, op.cit.). Ed ecco il secondo dei due pilastrini non più visibili, ma certamente esistenti. La cerimonia della posa della prima pietra è solenne, e ne troviamo descrizione nell’articolo ad essa dedicato dalla Stampa di Torino , anno XXIX n° 141, mercoledì – giovedì 22/23 maggio 1895, in cronaca; titolo La pietra fondamentale della Chiesa di N.S. della Salute a Borgo Vittoria: “Laggiù al Borgo della Vittoria aveva luogo ieri, intorno alle 18, una bella cerimonia per la benedizione della pietra fondamentale del tempio dedicato a N.S. della Salute. Come tutti sanno, quel borgo prende il nome dalla celebre vittoria riportata il 7 settembre 1706 dalle armi piemontesi contro le forze alleate di Prussia (sic!!!), Francia e Spagna; colà ora il patriottismo e la religione stanno erigendo un Tempio dedicato al culto di N.S. della Salute, come quella che prima della guerra, stando alle cronache, fu invocata da Vittorio Amedeo II per le sorti dell’esercito piemontese…sul piano provvisorio, fatto di assito, del centro del Tempio era stato improvvisato un piccolo altare con una statua della Vergine; lì accanto erano le sedie per i Principi e le autorità: tutto all’intorno sedie e posti per gli invitati. I quali erano moltissimi, una vera folla. Ai piedi della colonna di sinistra, presso l’altare maggiore, era preparata la buca per la pietra fondamentale, sulla quale sovrastava, pronto ad esservi innestato, un capitello dell’epoca della vittoria. Nel centro del grande spazio erano apparecchiati la duplice pergamena, un vaso di cristallo per la pergamena e le monete, una cazzuola ed un martello d’argento. Alle 11, annunziati dalla Marcia Reale, eseguita dalla banda di Don Bosco giungono (i principi)…fra i rappresentanti notiamo il console di Germania…il console di Francia…il console di Spagna…espressamente invitati quali rappresentanti le nazioni i cui eserciti presero parte alla battaglia…Poi fu letta la pergamena, la quale venne firmata dal Duca d’Aosta, dal Conte di Torino, dal Principino Ferdinando, dal Comm.Carle, dal Cavalier Garelli, dal Marchese d’Ivrea per la Corte d’Appello, dai consoli francese, spagnolo, tedesco, dal Generale Feccia di Cossato, dall’Abate Lanza, dall’arcivescovo di Torino e da tutte le altre rappresentanze che tropo lungo sarebbe nominarle. Quindi nel vaso di vetro il Duca d’Aosta pose molte monete di quest’anno, italiane, tedesche, francesi e spagnole e varie medaglie, vi pose la pergamena ed il vaso fu chiuso e sigillato. Un amore di bambina, figlia del prof. Ghirardi, recava su di un cuscino al luogo del seppellimento la cazzuola ed il martello. Il Duca d’Aosta, collocato il vaso nella buca e copertola con una pietra, vi gettava del cimento con la cazzuola argentata. Durante questa funzione, l’arcivescovo benediva la pietra, aspergendola di acqua santa, ed il clero mormorava il miserere…”.
nel 1937, in occasione del cinquantenario del culto di Nostra Signora della Salute, un sesto pilastrino venne prelevato, ridimensionato e murato all’interno della navata centrale della chiesa.
La sistemazione dell'ossario resterà immutata per più di sessant’anni, fino a quando, il 8 settembre del 1956, vennero prelevate delle ossa e tumulate nel pronao della Basilica di Superga, per simboleggiare l’identità d’intenti che ispirarono la costruzione di questa ed il santuario di Nostra Signora della Salute. Allora si pensò ad una sistemazione definitiva, peraltro prevista dal vecchio progetto originale: per questo venne allestita la Cripta dei Caduti, sotto la cappella-santuario della Madonna. I quattro pilastrini vennero portati nella cripta, fungendo da colonne a sostenere un piano in marmo, sul quale fu poggiata una grossa urna in forma di teca dalle pareti di vetro che lasciano intravedere le ossa ed un teschio completo. In questa cripta troverà riposo anche Mons. Giaume, morto nel ’29 a ottantasei anni, che volle e sostenne, anche economicamente, la realizzazione del Santuario e del quale fu rettore fin dall’inizio.











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Old January 12th, 2014, 12:31 AM   #12726
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Cascina Scaravella esisteva già nel medioevo come casa forte, munita di torri, di proprietà della potente famiglia dei marchesi Scaravelli, consignori di Borgaro ed Altessano; cascina Bianchina, attaccata alla Scaravella quasi da farne un corpo unico, è sempre stata proprietà dei marchesi di Ciriè (e non conti, come cita il Bruno). Il Duca de La Feuillade, sfruttando la posizione dominante la valle della Dora e la robustezza delle mura dell’antica fortificazione, convertita ora ad uso agricolo, vi aveva messo in batteria tre grossi pezzi d’artiglieria, con i quali aveva per due mesi ingaggiato duello contro il fortino posto in Valdocco (una via ce lo ricorda ancora). Il sette settembre, con il capovolgimento di fronte, i francesi abbandonarono precipitosamente le cascine, attraversarono il ponte da loro costruito sulla Dora e, dalla riva opposta, si riorganizzarono cominciando a cannoneggiare le mura poco prima abbandonate, ed ora passate in mano ai sabaudi. La battaglia per la difesa e la riconquista delle cascine fu terribile, e lo scambio di cannonate durò a lungo. Ancora all’inizio del novecento si potevano ammirare, murate nelle pareti esterne delle cascine, sparse nei giardini o raccolte nei sotterranei, un’impressionante quantità di palle di cannone, e parte della cortina muraria ancora crivellata di colpi, a testimonianza della violenza della battaglia attorno ai due edifici. Una piccola parte di queste palle è oggi conservata al Museo Pietro Micca. Un altro testimone, straordinario, di questo episodio lo possiamo trovare all’armeria reale di Torino: la bandiera di un battaglione francese (del Royal des Vaisseaux o Dauphin) che qui venne catturato.
Sorgevano in via Verolengo, a ridosso della Spina 3, all'incrocio con via Foligno.
Giovanni Bruno, nel suo libro I testimoni dell'assedio e della battaglia di Torino del 1706, scritto nel bicentenario della battaglia, la descriveva così:
“Rimpetto al moderno stabilimento di conceria Durio, s'apre una stradicciola confinata d’alberi, e segnata da una pietra su cui si legge : Scaravella. In capo al viale abbastanza lungo, è la cascina attualmente di proprietà dei signori Rigat, facente corpo con altra cascina denominata la Bianchina, dei conti di Ciriè.”. Le due cascine, viste dalla bassa Dora, apparivano come una fortezza, unite da un lungo muraglione cordonato sotto il parapetto “…al modo degli antichi baluardi torinesi.”. Il tutto regalava allo spettatore, una vista “pittoresca".
“Prima dei ristauri alla Scaravella, esisteva una lapide marmorea al sommo della porta d’entrata con la data 1706, sottoposta a una Madonna scolpita. Nel rifabbricare la vetusta porta più in fuori per allargare il cortile, il proprietario d’allora, certo Martinolo, poco tenero delle memorie storiche,non ricollocò più al suo posto la lapide, sparita; eccettocchè per induzione, possa essere quella stessa che oggi si vede incastrata in un pilone poco distante, al crocicchio di due stradicciole.”. Anche il Manno ne parla:
“A memoria dell’accampamento francese vi fu posto presso il portale d’ingresso un lastrone colla data e l’effige della Madonna scolpitevi…alcuni lastroni simili si trovano tuttora presso la Madonna di Campagna.”.
Oggi sorge un'edicola votiva, simile a tante altre del genere, tranne che per l'immagine in essa riposta: non è l'originale, ma la data incisa ad imitazione della grafia riscontrabile sugli altri pilastrini non lascia dubbi. C'è chi dice che il pilastrino si trova incastonato all'interno dell'edicola, ma mi sembra assurdo. Semplicemente è sparito pure quello, ma almeno qui il ricordo è rimasto.



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Old January 12th, 2014, 12:46 AM   #12727
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Caspita, ma questa notizia è una vera e propria rivelazione! Chi era quel maresciallo che prese i resti del soldato, si sa....? Sicuramente sotto terra in quella zona c'è ancora molto della battaglia del 1706......!
Ormai sono tutti a far compagnia ai soldati, anche il mio amico purtroppo da poco :0(
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Old January 12th, 2014, 12:50 AM   #12728
maxy65
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In via Foglizzo, quasi dirimpetto al fianco della parrochhia di Lucento, appocciato ad un muro, circondato da un aiuola ed incorniciato da due pile di mattoni, c'è un pilastrino.
Qui è fin troppo facile trovare un motivo per la sua presenza in questa zona: la chiesa castellamontiana sorge esattamente di fronte al nobilissimo castello di Lucento.
Appartiene da svariate generazioni alla famiglia Tosco, che abitava la vecchia villetta che sorge accanto. Non si sa più da dove arrivi questo pilastrino: con tutta probabilità si è sempre trovato lì, e l’ultimo signor Tosco, mancato qualche anno fa, non ha fatto altro che proteggerlo procurandogli la graziosa e degna sistemazione nella quale noi oggi lo vediamo. Sulle carte dell’epoca, infatti, in quella posizione non vi sono segnalate cascine, soltanto una stradina (l’attuale via Foglizzo, inizio di strada Altessano) che scendeva alla parrocchia ed al castello: forse costellata da numerosi altri pilastrini se, come vuole la tradizione, segnavano ad una certa distanza l’uno dall’altro come pietre miliari, l’andamento delle linee di difesa e della battaglia. La signora Gribaudi Rossi, a proposito di questo pilastrino, ci dice che in quella posizione sorgeva la cascina Rabiot: ipotesi che mi sento di smentire in quanto, dalla carta del Grossi, il Rabiot appare decisamente spostato rispetto alla chiesa ed al castello (il pilastrino di casa Tosco si trova a venti metri circa dalla sacrestia della chiesa), tanto da apparire parte dell’estrema propaggine dei Tetti di Lucento verso l’attuale via Segantini, dove effettivamente esiste un complesso di edifici molto antico, dal quale spicca un grosso civile a tre piani fuori terra, assimilabile tranquillamente ad una cascina secentesca. Possiamo quindi avanzare l’ipotesi forse più ovvia: ci troviamo nei trinceramenti del castello di Lucento.
Ad avvallare questa ipotesi, riporto una testimonianza da me raccolta nell’aprile 1999: il signor Gamba, anziano nato e cresciuto a Lucento come tutti i suoi avi, oltre a confermare la presenza di un pilastrino alla Commenda (in corso Toscana angolo via Cipolla, ma non c'è nulla...), ricorda molto chiaramente altri due pilastrini: uno in via Magnano, presso una stradina che costeggiava una bialera (ora interrata) ed uno in via Muzzano. E con un colpo di scena, si offre d’accompagnarmi a vederlo. Via Muzzano è una stradina lunga una decina di metri che collega diagonalmente via Foglizzo con via Valdellatorre, principiando con un angolo veramente pittoresco: conserva infatti inalterato un aspetto che rimanda a cartoline d’altri tempi. Un muretto di cinta in ferro e pilastri in mattone, come quelli che affiancano il pilastrino di casa Tosco poco più in là, chiude il giardino di una casa dell’inizio dello scorso secolo; un albero ed un glicine che scavalca la recinzione fanno da cornice ad un paracarro in pietra squadrata, infisso nell’asfalto accanto ai resti di un vecchio marciapiede in pietra. Certo non mi ero illuso di scoprire un nuovo pilastrino, però un po’ di delusione c’è: la pietra non sembra simile alla solita usata per i pilastrini (però quella di via Foglizzo è diversa dalle altre), questo è vagamente tronco piramidale per cui sembra nato proprio paracarro (però esiste ancora un pilastrino modificato come paracarro, in via Giachino). Via Magnano si trova a pochissimi metri da via Muzzano: anche questa è molto breve e termina di fronte ad un cancello che chiude l’accesso privato ad una casetta; nulla qui lascia sperare nella conferma del ricordo del signor Gamba.



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Old January 12th, 2014, 01:21 AM   #12729
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Il Castello di Lucento è uno dei più antichi castelli del Torinese. Costruito in posizione altamente strategica, era in grado di vigilare sulle mura della città che si ergevano a pochi chilometri di distanza, dominando l’antica valle Pellerina, nome con il quale oggi è identificato il parco Mario Carrara, un tempo una larga valle costellata da foreste e sparse mansiones medievali che offrivano un pasto caldo ed un giaciglio per la notte ai pellegrini (da cui il nome Pellerina) che percorrevano la Via Francigena, la quale attraversava la valle collegando Roma a Santiago de Compostela.
Si hanno notizie certe del castello a partire dal 1335 in un documento circa alcune disposizioni comunali sulla custodia della città, in cui viene citato un palacio Luxenti. Nel 1340, su richiesta del principe d’Acaja, la castellania di Avigliana manda un contingente di armati in difesa della domus fortis de Luysent occupata da Tommaso II di Saluzzo, nell’ambito delle lotte tra Guelfi e Ghibellini nel Canavese. Fino ad allora il castello non era altro che una torre quadrangolare con l’ingresso posto a due metri d’altezza: in caso d’attacco, la scala che dava accesso all’interno della torre veniva issata ed il fossato che la circondava, allagato. Si tratta della torre alla guardia per il presidio della quale i Beccuti mantenevano a spese proprie una sentinella. Nel 1398 accanto alla torre si affianca un ricetto: a questo punto si viene a formare il castello, prima con l’aggiunta di una seconda torre ed un muro che la collega a quella preesistente formando un cortile, quindi convertendosi in fortezza in grado di ospitarne i feudatari. Nel 1404 le abitazioni cominciano ad espandersi anche all’esterno delle mura del ricetto, con la concessione ad uno degli affittuari originari d’un appezzamento di terreno accanto al castello; l’espansione all’esterno diventerà definitiva intorno al 1570. Il castello segue quindi di pari passo l’evolversi del borgo di Lucento dal XIV secolo fungendo da dimora dei suoi feudatari, a partire dai Beccuti fino ai Tana. Nel XVI secolo fu teatro di un avvenimento storico, che pochi conoscono: in quel periodo è signore di Lucento il duca di Savoia Emanuele Filiberto, il quale utilizza il castello come dimora fuori città. Avendo sentito che l’arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Borromeo (futuro Santo), intende recarsi a Chàmbery per venerare la Sacra Sindone come scioglimento d’un voto fatto durante la recente epidemia di peste (oggi conosciuta come la peste manzoniana), decise di far trasferire segretamente la reliquia dalla Savoia a Torino per abbreviare il viaggio all’anziano principe della Chiesa. In realtà fu un pretesto per una importante mossa politica: così facendo sancì definitivamente la fine dell’epopea savoiarda della sua famiglia, simboleggiando l’inizio del periodo italiano di casa Savoia.
La Sacra Sindone, dopo aver attraversato le Alpi al Piccolo San Bernardo e la Valle d’Aosta, accompagnata dal primo presidente del Senato di Chàmbery, Ludovico Millet, e dal canonico Neyton, arrivò al castello di Lucento il 5 settembre 1578 dove l’attendeva il duca con tutta la sua famiglia. Qui vi rimase dieci giorni, venerata dalla corte, fino al 12 ottobre quando venne portata in solenne processione a Torino e riposta nella cappella ducale di San Lorenzo, dove il cardinale Borromeo, giunto in città due giorni prima, poté adempiere al suo voto.
Durante l'assedio passò più volte in mano sia piemontese che francese. Il 7 settembre 1706, fu Investito dalle truppe alleate lanciate all’inseguimento degli assedianti, cinto d’assedio a sua volta e bombardato dalle artiglierie sabaude poste al fortino di Valdocco, i cui tiri miravano alla demolizione dei ponti costruiti sulla Dora dai franco spagnoli, e dalle cascine Anselmetti, Morozzo, Calcaterra e Gibellino, situate tutte e quattro in fila sul ciglione opposto a Lucento sulla valle della Pellerina (oggi corso Lecce angolo corso Appio Claudio), riportò gravi danni ai quali si aggiunsero quelli causati dal brillamento di alcune mine approntate dai francesi per favorire la propria fuga verso i ponti superstiti, ritardando con la deflagrazione l’inseguimento degli alleati e privando essi di un fondamentale caposaldo dal quale voltare i cannoni contro il nemico in fuga. Leggiamo nel Ragguaglio Istorico dell’assedio: “…ch’era assai ben fortificato e pieno di soldatesca, e in breve tempo riuscì a i Nostri di impadronirsi di alcune cassine, ch’erano all’intorno, e singolarmente d’una vicina alla testa del loro Ponte, donde poteva impedirsi ogni soccorso…”.
Naturalmente anche qui fu posto un pilastrino, che faceva modesta mostra di sé di fianco all'ingresso dell'istituto agrario Bonafous, che si era insediato nel castello nel 1873. Negli anni sessanta del XX secolo fu espiantato dal cancello, abbattuto per far posto all'ingresso agli uffici Teksid, che avevano preso il posto del Bonafous, per essere spostato dall'altra parte di via Pianezza, di fianco alla parrocchia, facendo parte di un monumento ai caduti di tutte le guerre, dove ancora oggi lo troviamo.



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Old January 12th, 2014, 01:33 AM   #12730
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Entrando in via della Consolata da corso Regina Margherita, noteremo la salita decisa che conduce fino al Santuario della Consolata: altro non è che il terrapieno delle mura cittadine, spianate in epoca napoleonica con la giustificazione, di comodo, che Torino avrebbe goduto di aria più salubre, ora che poteva circolare liberamente non più tenuta chiusa dagli antichi baluardi. In realtà Napoleone aveva semplicemente l’intenzione di rendere inoffensiva Torino, così come aveva fatto a Susa, abbattendo tra le più formidabili fortezze sabaude, i forti Brunetta e Santa Maria. Giungiamo dunque di fronte al Santuario dalla bizzarra architettura. In un angolo sono visibili, oltre il parapetto metallico, i resti della torre angolare nord ovest dell’antica cinta muraria romana, che certamente era ancora utilizzata ed in servizio quando venne costruita l’antica chiesa di Sant’Andrea, della quale sopravvive il campanile che svetta ora sopra di noi.
Proseguendo verso l'entrata del santuario, all'interno della cancellata, troveremo un pilastrino. Posizione insolita, questa, visto che sappiamo che furono posti lungo la linea di battaglia, quindi lontano dalla città fortificata.
In realtà questo pilastrino è sempre stato qui,: era giusto, tra tanti sistemati in aperta campagna, che uno venisse piantato proprio in casa della patrona che, intercedendo, aveva fatto sì che il miracolo della liberazione si avverasse.

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Old January 12th, 2014, 01:12 PM   #12731
geonardo
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in questa cartolina si vede il chiabotto serbone ??



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Il basso fabbricato era conosciuto in zona come chiabotto Serbone: era già presente alla fine del XVIII secolo, segnalato sulle carte come case Castagneri. Io l'ho ancora visto prima della demolizione, mio fratello ne ha riscostruito l'aspetto a memoria:



il pilastrino era a ridosso di questo cascinotto.
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Old January 12th, 2014, 03:18 PM   #12732
maxy65
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in questa cartolina si vede il chiabotto serbone ??
ciao Geonardo!
Chiabotto Serbone s'intravvede dietro la casa in angolo che mia madre ricorda come la casa del dottor Gilardino. Lungo il marciapiede verso via Venaria, dietro la casa d'angolo, l'edificio bianco e basso che si vede è parte della Serbone, tra questo e la casa d'angolo si distingue un ingresso della Serbone: sempre mia madre ricorda che c'era un ponticello che scavalcando la bealera vecchia, entrava nell'aia del cascinotto.
Io ricordo, da bambino, che quel marciapiede era ancora composto da lastroni di pietra a copertura della bealera, e ci divertivamo ad intravvedere scorrere l'acqua da una larga fessura tra un lastrone e l'altro proprio davanti al bar Munfrin, nella vecchia casa con lo stemma, dove ora ci sono i locali della Banca Regionale Europea.
Quel bar prendeva il nome dalla cascina Munfrina che sorgeva dalla parte opposta del largo, dove (negli anni in cui ero bimbo -abitavo al 176 di via Orbetello-) c'era il San Paolo, che si trasferì al posto della cascina Serbone, una volta abbattuta definitivamente, nei primi anni '80.
...mamma mia quanto sono vecchio!!!
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Con l' amico Riobasco avremmo intenzione di vederci una sera di questa settimana per scambiarci un augurio di buon anno
( visto che non ne abbiamo avuto la possibilità a fine anno scorso ) davanti ad un buon boccale di birra ;
Io opterei per giovedi 16 alle 20.30 al Piper.

Cosa ne pensate ?

No disinteressati e perditempo...........( ed astemi ).

P.S.
Giusto per sfruttare un post "di servizio":
qualcuno sa quando venne ristrutturato il campanile di S. Carlo ( per datare esattamente la foto ) ?



P.P.S.
Imageshack ha cambiato completamente interfaccia
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Old January 12th, 2014, 07:23 PM   #12734
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"LA CONTINETTA cascina di S. E il Sig. Principe di Masserano, situata vicino alla suddetta (cascina Continassa). Abita in Madrid; il sig. Auditore Filipponi che abita in piazza S. Carlo è procuratore generale del medesimo." (cit. Amedeo Grossi, 1790)



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Con l' amico Riobasco avremmo intenzione di vederci una sera di questa settimana per scambiarci un augurio di buon anno
( visto che non ne abbiamo avuto la possibilità a fine anno scorso ) davanti ad un buon boccale di birra ;
Io opterei per giovedi 16 alle 20.30 al Piper.
Sarò presente. Per i nuovi forumer, ricordiamo che il Piper è il pub di via del Ridotto(piena zona 1706 ).

Argomento Largo Grosseto:
Innanzitutto complimenti per la foto di geonardo. Poi,in Largo Grosseto ,all'inizio di via Venaria(forse al numero civico 13), aveva la sede la Società Ciclistica Madonna di Campagna che mi ha visto tesserato dal 1983 al 1987. Dal 1984 la sede si spostò in via Orbetello 162 , a pochi metri dal semaforo con via Stampini.
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Sarò presente. Per i nuovi forumer, ricordiamo che il Piper è il pub di via del Ridotto(piena zona 1706 ).

Argomento Largo Grosseto:
Innanzitutto complimenti per la foto di geonardo. Poi,in Largo Grosseto ,all'inizio di via Venaria(forse al numero civico 13), aveva la sede la Società Ciclistica Madonna di Campagna che mi ha visto tesserato dal 1983 al 1987. Dal 1984 la sede si spostò in via Orbetello 162 , a pochi metri dal semaforo con via Stampini.
Per me purtroppo sarà impossibile
Il Piper è stata la base logistica dalla quale partì alla fine degli anni ottanta il nostro progetto fotografico sulle cascine di Torino che culminò con due mostre fotografiche in Torino e Venaria!!!
Ricordo bene alla domenica mattina il raduno dei ciclisti in via Stampini per le sgambate societarie
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Old January 13th, 2014, 01:57 AM   #12737
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Sarò presente. Per i nuovi forumer, ricordiamo che il Piper è il pub di via del Ridotto(piena zona 1706 ).

Argomento Largo Grosseto:
Innanzitutto complimenti per la foto di geonardo. Poi,in Largo Grosseto ,all'inizio di via Venaria(forse al numero civico 13), aveva la sede la Società Ciclistica Madonna di Campagna che mi ha visto tesserato dal 1983 al 1987. Dal 1984 la sede si spostò in via Orbetello 162 , a pochi metri dal semaforo con via Stampini.
Cercherò di essere presente .... NON sono astemia, NON sono perditempo .... ho un problema ... NON ho la macchina ... chi è più vicino al centro tanto per darmi un passaggio? zona monumento per intenderci
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Old January 13th, 2014, 11:23 AM   #12738
Garth Ennis
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Con l' amico Riobasco avremmo intenzione di vederci una sera di questa settimana per scambiarci un augurio di buon anno
( visto che non ne abbiamo avuto la possibilità a fine anno scorso ) davanti ad un buon boccale di birra ;
Io opterei per giovedi 16 alle 20.30 al Piper.

Cosa ne pensate ?

No disinteressati e perditempo...........( ed astemi ).

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nel caso come vi riconoscerei? il piper è a due passi da casa mia.
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Old January 13th, 2014, 11:33 AM   #12739
geonardo
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ciao Geonardo!
Chiabotto Serbone s'intravvede dietro la casa in angolo che mia madre ricorda come la casa del dottor Gilardino. Lungo il marciapiede verso via Venaria, dietro la casa d'angolo, l'edificio bianco e basso che si vede è parte della Serbone, tra questo e la casa d'angolo si distingue un ingresso della Serbone: sempre mia madre ricorda che c'era un ponticello che scavalcando la bealera vecchia, entrava nell'aia del cascinotto.
Io ricordo, da bambino, che quel marciapiede era ancora composto da lastroni di pietra a copertura della bealera, e ci divertivamo ad intravvedere scorrere l'acqua da una larga fessura tra un lastrone e l'altro proprio davanti al bar Munfrin, nella vecchia casa con lo stemma, dove ora ci sono i locali della Banca Regionale Europea.
Quel bar prendeva il nome dalla cascina Munfrina che sorgeva dalla parte opposta del largo, dove (negli anni in cui ero bimbo -abitavo al 176 di via Orbetello-) c'era il San Paolo, che si trasferì al posto della cascina Serbone, una volta abbattuta definitivamente, nei primi anni '80.
...mamma mia quanto sono vecchio!!!
questa foto è del 1897 e riproduce una non meglio identificata zona di strada lanzo.... chissà se si riesce a scoprire??
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Old January 13th, 2014, 12:18 PM   #12740
geonardo
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Innanzitutto complimenti per la foto di geonardo. Poi,in Largo Grosseto ,all'inizio di via Venaria(forse al numero civico 13), aveva la sede la Società Ciclistica Madonna di Campagna che mi ha visto tesserato dal 1983 al 1987. Dal 1984 la sede si spostò in via Orbetello 162 , a pochi metri dal semaforo con via Stampini.
in punta di via venaria esisteva anche un famoso negozio di biciclette da corsa "Dalpasso"
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