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Sembrerebbe un garage municipale; uno era, fino a metà anni 60, in via Ormea angolo via Michelangelo.
Quando dal 1959 al 1962 frequentavo le medie alla "Manzoni", passandovi davanti vedevo entrare e uscire i vecchi autocarri elettrici a batterie del 1914, dalle cui batterie, sotto il veicolo, si sprigionavano scintille.
Al suo posto, ora, un condominio.
 

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@Modestino Balabam - La foto a colori e' la riproposizione "colorata" di una foto gia' postata tempo fa di una delle prime edizioni del Salone dell'Auto. Complimenti per la colorazione, sembra autentica, una foto scattata ieri!
 

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In tempi di emergenza sanitaria si requisivano tutti i locali disponibili abitualmente non adibiti a scopi medici.

Ospedale militare di riserva palazzo Reale


Ospedale militare di riserva Regina Margherita


Ospedale militare Territoriale Maria Letizia
 

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Come dimostra purtroppo la situazione attuale, la necessità di attrezzare a ospedali di emergenza edifici adibiti ad altri usi è una costante che si ripete nel tempo, per i motivi più disparati (guerre, epidemie, ecc.).
In particolare, nella prima guerra mondiale, per quanto riguarda gli edifici pubblici, tutta Torino era diventata un immenso ospedale; speriamo non si debba ripetere oggi!
L'ospedale militare di riserva "Regina Margherita" era, come si vede, un'ala dell'attuale Istituto Riposo Vecchiaia ("Poveri Vecchi" per tutti i torinesi); forse proprio quella che nella guerra mondiale successiva sarebbe andata distrutta da un bombardamento aereo.
 

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Forse nella prima guerra mondiale il trasporto a Torino di tanti feriti sul fronte fu voluto anche per "coinvolgere" maggiormente la città nel clima bellico. Infatti, nei primi due anni del conflitto, molti lamentavano che poco si sentisse a Torino il clima bellico, come se la guerra fosse su un altro pianeta e non la riguardasse: la gente andava a spasso, frequentava caffe' e teatri e cinema. D'altra parte la città era a 400 km dal fronte, abbastanza lontana da non risentirne direttamente.
I primi veri problemi arrivarono nel 1917, quando iniziarono a farsi sentire le difficoltà economiche, culminate con la rivolta del pane nell'estate; poi, con Caporetto, in autunno arrivarono i profughi dalle regioni invase. E solo allora Torino fu davvero coinvolta.
Ormai la fornace della guerra, sul fronte del Piave, divorava la meglio gioventù. Le tradotte arrivavano dal fronte cariche di feriti, ripartivano cariche di soldati da inviare al fronte; ne fa fede la famosa canzone nata probabilmente proprio tra i fanti torinesi:
"La tradotta che parte da Torino
a Milano non si ferma più
ma la va diretta al Piave
cimitero della gioventù".
 

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Tutt'altro clima ovviamente si respiro' nel secondo e ultimo conflitto mondiale, con le incursioni aeree e i bombardamenti iniziati sin dal primo giorno di entrata in guerra: quella che nella guerra precedente era stata solo una vaga minaccia (tra le grandi città solo Venezia si era sentita sotto possibili attacchi aerei, anche se si parlo' di un dirigibile austriaco arrivato fin sopra Napoli, dove aveva lanciato bombe a mano; tutto li') era ora una terribile realtà, quella della "guerra totale" che coinvolgeva l'intero territorio nazionale, senza risparmiare niente e nessuno.
 

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Tutt'altro clima ovviamente si respiro' nel secondo e ultimo conflitto mondiale, con le incursioni aeree e i bombardamenti iniziati sin dal primo giorno di entrata in guerra: quella che nella guerra precedente era stata solo una vaga minaccia (tra le grandi città solo Venezia si era sentita sotto possibili attacchi aerei, anche se si parlo' di un dirigibile austriaco arrivato fin sopra Napoli, dove aveva lanciato bombe a mano; tutto li') era ora una terribile realtà, quella della "guerra totale" che coinvolgeva l'intero territorio nazionale, senza risparmiare niente e nessuno.
Per la verità, Torino non arrivò psicologicamente impreparata ai bombardamenti: altre guerre precedenti, ultima quella di Spagna, avevano mostrato il raggio d'azione dei moderni bombardieri, come pure la potenza distruttiva delle bombe d'aereo.
Già nel 1931, la notte tra l'8 e il 9 luglio, si era svolta una prova generale di allarme aereo, con oscuramento e allertamento di stazioni, ospedali, pompieri, ecc.,





seguita da altra nel 1935; all'entrata in guerra il 10/6/1940, i torinesi e tutti gli altri italiani sapevano bene cosa potevano aspettarsi.
 

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Per la verità, Torino non arrivò psicologicamente impreparata ai bombardamenti.
Non so quanto potessero essere preparati i torinesi. I chieresi non lo erano di sicuro. Torino fu bombardata il giorno dopo la dichiarazione di guerra. I miei nonni, che stavano tra Chieri e Pino, mi raccontavano che tutti quanti, esaltati dai giornali radio, vedendo le luci al di là della collina pensavano che a Torino si facesse festa per l'entrata in guerra e uscirono tutti nelle aie e nelle strade a festeggiare e a brindare all'impresa bellica.

Solo il giorno dopo seppero dalla radio dei bombardamenti.
 

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@Oscaruzzo - Chieri era sprovvista di industrie strategiche, le uniche industrie di rilievo erano tessili (anche se ad Alessandria fu colpita la Borsalino, ben nota per i cappelli); tanto che Renzo Rossotti ricorda in un suo libro che, dopo che la loro casa in borgo San Donato venne colpita, lui e la famiglia sfollarono a Chieri da parenti; il padre, dipendente Stipel (allora concessionaria telefonica per Piemonte e Lombardia, con sede a Torino in via Meucci), andava e tornava giornalmente in bici al lavoro per il valico di Pino.
Riferisce che in zona solo un cascinale venne colpito, forse da una bomba inutilizzata di cui i piloti dovevano liberarsi.
 

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Aggiungo che è una fortuna che non venne mai bombardata una città d'arte come Chieri, col suo meraviglioso Duomo gotico (secondo nel Nord Italia forse solo a quello milanese), e i tanti altri edifici storici.
 

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@ace of spades - Per "preparati" intendo dire che sapevano bene cosa dovevano aspettarsi, non certo che la città fosse ben preparata (del resto anche a Londra come rifugi vennero utilizzate le stazioni della metropolitana..).
Forse non si aspettavano un intervento così tempestivo dell'aviazione alleata; mio padre ripete' sempre "Sono venuti subito a bombardarci, la notte stessa dell'entrata in guerra!".
Così come mio padre recriminò sempre l'assoluta impreparazione delle nostre Forze Armate: "Ci mandarono in guerra con le scarpe dalla suola di cartone, alla prima pioggia si disfavano, lasciandoti colle pezze da piedi, chè neanche la calze erano disponibili!"
 
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